I pilastri del vero smart working
In un momento strano, complesso e difficile come questo che stiamo vivendo, è importante continuare a guardare avanti pensando al “domani”, al cosa le organizzazioni possono conservare e di cosa possono fare tesoro per il futuro.
Le imprese, tutte, si trovano infatti a fronteggiare la sfida forse più dura degli ultimi decenni, ma non per questo non è possibile raccogliere qualcosa di buono per crescere e migliorare.
Un argomento estremamente attuale è, ad esempio, quello dello Smart Working. Termine spesso utilizzato in modo semplicistico o improprio e con il quale molte aziende stanno avendo a che fare per la primissima volta, ma che non può certo essere ridotto ad una semplice soluzione di lavoro solo per questo periodo.
La domanda alla base di questo articolo quindi sarà: come possiamo sfruttare il momento attuale per costruire un’organizzazione davvero smart?
Partiamo da una ricerca. I risultati di una recente indagine all’interno della filiera del calzaturiero lombardo ha indicato che quasi il 90% dei dipendenti delle aziende coinvolte sarebbe già pronto a rientrare in azienda. A condividere uffici, linee di produzione e più in generale i luoghi dove il lavoro si svolge normalmente a contatto con gli altri.
Potrebbe bastare questo per far capire che lo smart working ai tempi del Covid-19 non è affatto lavoro agile, perché mancano alcuni presupposti che lo rendono, prima di tutto, un vero e proprio sistema organizzativo e, poi, una misura del benessere aziendale.
Tuttavia, questo non vuol dire che le organizzazioni non possano prendere slancio da questo particolare momento e costruire un percorso di cambiamento interno per creare solide basi a dei metodi di lavoro più moderni e flessibili e più allineati ad un probabile nuovo modo di fare “vita di azienda”.
Sia i manager che i team devono quindi comprendere e lavorare su quelle dimensioni che sono ritenute cruciali nella performance organizzativa, per guidare l’organizzazione nell’utilizzo sistematico ed efficace dello smart working.
I principali driver su cui puntare l’attenzione sono:
• la motivazione, ovvero ciò che serve per perseguire l’obiettivo. Qui si lavora sul perché adottare procedure di smart working, quali sono gli aspetti di successo e benessere personali e per l’azienda che un tale sistema di lavoro può portare e, cosa da non sottovalutare assolutamente, sul dare maggiore autonomia alle persone nell’utilizzo.
• la disponibilità al cambiamento, che identifica la capacità di innovare e adattarsi alle situazioni mutevoli. Nostro malgrado il momento attuale ha aperto le menti al concetto di cambiamento e i manager possono più facilmente coinvolgere le persone nella sperimentazione di modelli di smart working, nell’utilizzo di differente tecnologia, avendo cura e responsabilità di modificare se necessario e condividere i successi dei modelli di lavoro più funzionali.
• il lavoro in team, ovvero la collaborazione per raggiungere un obiettivo comune e creare senso di appartenenza. Questa è forse la sfida più interessante: la capacità di sostenere il lavoro di squadra, di creare connessione senza far leva unicamente sulla condivisione quotidiana di uno spazio comune.
Alcuni esempi: aggiornare le procedure di lavoro introducendo formali momenti di condivisione delle task quotidiane tra i membri del team che sono in azienda e quelli che sono in remoto; affidare a rotazione ad ogni membro la gestione della comunicazione operativa del team; definire momenti di celebrazione dei risultati ottenuti.
Smart working non vuol dire per forza eliminare totalmente i momenti di condivisione “fisica” in azienda!
• l’esecuzione, ovvero l’ottenere risultati significativi attraverso l’applicazione delle strategie operative di smart working. Altro driver cruciale perché sottintende un cambio di prospettiva dal classico “presenza e controllo costante” (al limite del micro management) alla valutazione dei soli obiettivi raggiunti con sistemi strutturati di feedback. Come detto, è un lavoro importante che coinvolge in parallelo sia lo stile di leadership dei manager che quello dei team per garantire un contesto facilitante di consapevolezza e responsabilità diffusa.
L’applicazione trasparente e coerente di queste iniziative (qui sono citati solo pochi esempi) permette di costruire il 5° solido pilastro a sostegno delle organizzazioni smart: la fiducia, che vede il rispetto delle persone e la cura del loro benessere per avere, di ritorno, il rispetto delle persone per l’organizzazione.
Chiudiamo con il citare i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sullo smart working che vede in quei 570.000 smart worker italiani distribuiti nel 58% delle grandi imprese, più elevati livelli di soddisfazione, un più diffuso engagement e un miglior rapporto con i “capi” cui debbono rispondere.