L’analisi della concorrenza: il ruolo (fondamentale) del reparto marketing
L’analisi dei dati finanziari è, nella stragrande maggioranza dei casi, un’attività associata ad aspetti puramente economici e quantitativi e utilizzata per misurare l’andamento di un’azienda. Un’attività di pertinenza del top management e per lo più percepita come “roba da grandi aziende”.
In realtà altre funzioni aziendali dovrebbero quantomeno prendere in considerazione un approccio finanziario-analitico per dare maggiore consistenza alle proprie strategie di sviluppo. In questo contributo vorremmo mostrare come un ufficio marketing possa impostare un’analisi finanziaria per misurare la concorrenza.
Vale la pena iniziare citando Philip Kotler che nel suo libro “I dieci peccati capitali del marketing”, identifica proprio nell’assenza di una vera analisi della concorrenza una delle criticità che possono influire negativamente sulla qualità dei risultati apportati da questa funzione aziendale. Il marketing si trova nella posizione ideale per misurare l’ambiente competitivo ed è quindi fondamentale che anche questo reparto apporti un ulteriore valore tangibile (e misurabile) all’organizzazione, attraverso la misurazione di parametri finanziari dei propri concorrenti.
Ma quali sono gli elementi che devono essere tenuti in considerazione per costruire un modello di analisi strutturato, preciso e di semplice applicazione?
– Identificazione e suddivisione dei concorrenti
– Costruzione del modello di analisi
– Identificazione degli ambiti che provocano eventi modificanti
Ovviamente tutto deve partire dall’identificazione di organizzazioni che siano comparabili sotto vari aspetti: processi produttivi, prodotto, canali di vendita, etc. In questa prima fase può essere utile allargare il bacino dei concorrenti per avere un panorama il più completo possibile dei differenti approcci al mercato e dei relativi risultati finanziari. Successivamente si potrà pensare di focalizzarsi su alcune realtà e tralasciarne altre che risulteranno meno significative. Nella pratica, la maggioranza delle suddivisioni più utilizzate comprendono: “aziende leader” (per quota di mercato), aziende “best performers” (per tasso di crescita nell’ultimo triennio), aziende con i migliori risultati reddituali, aziende “dirette concorrenti” e concorrenti marginali.
Ogni gruppo ha delle variabili da analizzare in maniera primaria, ma il fine ultimo è sempre quello di capire il motivo per cui queste organizzazioni sono diventate un punto di riferimento sul mercato.
Senza la pretesa di elencare tutte le variabili, possiamo citare quelle più ricorrenti nelle analisi: ricavi, fatturato per dipendente, margini di profitto, livello di investimenti, rapporto export sul fatturato, livelli di capitale circolante, investimenti di tipo immateriale (dove sono inserite le spese per pubblicità e comunicazione), il livello di valore aggiunto, il livello di dilazione dei pagamenti e la percentuale del valore a magazzino rispetto al fatturato.
Il secondo step del modello di analisi prevede la costruzione di uno “schema” che permetta di identificare, per ogni concorrente, tutte le variabili identificate e considerate rilevanti. Nel modello ovviamente deve trovare spazio anche l’azienda che sta effettuando l’analisi, la nostra. E il motivo è presto detto: se la lista è verosimilmente la fotografia delle aziende concorrenti in uno stesso mercato, la somma dei fatturati potrà fin da subito fornire un dato abbastanza preciso del mercato stesso e delle sue dimensioni. L’andamento dei fatturati poi facilita l’analisi dei trend di mercato e le eventuali correlazione con le variabili macro.
E questo se ci vogliamo fermare solo ai dati aggregati. Se iniziamo infatti a “classificare” le lista delle aziende per singole variabili, si potranno fare analisi più specifiche e approfondite e trarre informazioni di tipo comparativo che possono rivelarsi estremamente utili.
Alcuni esempi:
– Livello export. Può identificare una strategia di sviluppo ben precisa. Se a questo uniamo inoltre la variabile “durata media dei crediti”, possiamo capire se il concorrente sta cercando di accorciare i tempi di incasso per alleggerire stress di tipo finanziario (cash flow).
– Valore magazzino e rapporto con il fatturato. Più è elevato e più significa che il competitor sta cercando di accorciare il time to market.
– Marginalità. Una bassa marginalità può far presupporre che il concorrente opti per politiche di prodotto più standardizzate oppure per politiche di prezzo aggressive. L’analisi incrociata con la variabile dei tempi di pagamento concessi potrà supportare una o l’altra ipotesi.
Le analisi possono essere innumerevoli e le informazioni a valle molto preziose per supportare le azioni strategiche della propria organizzazione. Inoltre, non deve spaventare un approfondito lavoro di analisi, perché la capacità di analizzare e contestualizzare i dati dovrebbe già essere propria dell’azienda, considerato che quest’ultima opera sullo stesso mercato che analizza e si rivolge spesso agli stessi clienti dei concorrenti.
L’ultimo elemento da tenere in considerazione riguarda l’analisi di fattori che solitamente la rendicontazione economico-finanziaria non riesce a tracciare. Stiamo parlando di quegli eventi che impattano per lo più sul settore o sul mercato di riferimento, piuttosto che su una singola organizzazione. Eventi politici, cambiamenti normativi o di tecnologia, ecc.
Sebbene non tutti siano prevedibili, si possono comunque individuare campanelli di allarme attraverso un’analisi periodica dei dati precisa e accurata. Non è infatti particolarmente gravoso inserire indici quantitativi che vadano a investigare questi ambiti e in ottica di trend. L’andamento del PIL, il tasso di disoccupazione, livello di imposizione fiscale sono alcuni esempi di indicatori che possono preannunciare cambiamenti di tipo politico o economico, specialmente quando le variazioni si presentano congiuntamente. In egual misura si possono misurare il livello di innovazione sui processi, sui prodotti, sull’organizzazione del lavoro, analizzando l’indicatore finanziario degli investimenti di tipo immateriale. Ovvero costi di avviamento, impianto, ampliamento, R&D, diritti industriali e brevetti. Anche in questo caso, l’analisi incrociata con altre variabili (tipicamente i ricavi) può fornire informazioni su reali attività di innovazione dei concorrenti.
L’ufficio marketing ha quindi elementi e strumenti per poter affiancare alle consuete analisi del mercato anche approfondimenti sulla concorrenza, in un’ottica più ampia di confronto e interpretazione dei dati, per fornire al top management informazioni di assoluto valore per il proprio business.