Il referral marketing nel B2B
È ormai noto più o meno a tutti lo spostamento da un concetto di vendita e di comunicazione “prodotto centrica” da parte delle aziende a un modello di proposta che oggi definiamo “esperienziale” e “relazionale”. Si dà sempre più importanza infatti all‘esperienza che vive un cliente/utente nella relazione con un brand o un‘azienda, di qualunque natura essa sia (di acquisto/vendita, di assistenza, di comunicazione, ecc.), perché molto spesso è proprio questa “esperienza” a influire maggiormente nella scelta di acquisto (o di riacquisto).
I clienti vogliono sempre più condividere informazioni, aumentare le proprie conoscenze e instaurare relazioni di fiducia con le aziende e i brand.
È in questo contesto che il concetto di ‘trust’ trova una collocazione anche nei modelli B2B, venendo declinato sia nella fiducia tra le persone che lavorano insieme all‘interno o all‘esterno di una organizzazione, sia nella fiducia tra un‘azienda e i suoi partner e i suoi clienti.
In tutto questo, si sviluppa sempre di più un approccio al cosiddetto Referral Marketing o marketing del passaparola. Ma può essere davvero utile?
Uno studio pubblicato sull’AMA Journal of Marketing, indica che i clienti guadagnati tramite referral marketing tendono ad essere più fedeli e portano margini di profitto fino al 25% più elevati.
Mentre alcuni dati di mercato elaborati da Nielsen affermano che il 92% dei consumatori si fida delle raccomandazioni delle persone che conosce per quanto riguarda le scelte d’acquisto. E visti i numeri e l’impossibilità di impedire che le persone parlino della tua azienda, è preferibile che tu faccia qualcosa per incoraggiare un passaparola positivo!
Anche la multinazionale di consulenza strategica McKinsey & Company ha approfondito l’argomento e le eventuali potenzialità del referral marketing, mostrando che i referral influenzano fino al 50% di tutte le decisioni di acquisto. E non solo! Secondo la ricerca i referral generano vendite fino a due volte superiori a quelle derivanti da pubblicità a pagamento.
Tutto questo ci dice che il referral marketing può essere una componente estremamente importante del marketing mix, a patto che il passaparola diventi un vero e proprio asset per la strategia di un’azienda. Deve diventare un fattore che va pianificato, gestito e monitorato, all’interno di un piano organizzato, strategico e strutturato.
Quindi come fare?
Iniziamo con l’identificare alcuni concetti essenziali del marketing del passaparola:
– il passaparola, volto a generare referenze, è una forma di promozione tra persone che si fonda su meccanismi basati su relazioni più o meno profonde e sulla reputazione;
– il passaparola è una forma di promozione destinata a portare, nel lungo periodo, sia un ROI maggiore rispetto ad altre modalità, sia possibilità di una propagazione esponenziale;
– il marketing basato sulle referenze si costruisce e si valorizza su un tipo diverso di assetto rispetto a “sconti” e “promozioni”. Si agisce attraverso la fiducia. Si agisce su leve differenti rispetto al prezzo;
– il passaparola e le referenze permettono di ambire, all’interno del proprio mercato di riferimento, ad una posizione di primo piano e, probabilmente, privilegiata rispetto alla concorrenza.
Da dove partiamo?
La logica che sta alla base del successo del referral marketing è che la nostra azienda sia assolutamente credibile e riesca a soddisfare i clienti da ogni punto di vista. Bisognerà quindi cercare di eliminare ogni criticità nell’esperienza di relazione con il cliente e lavorare su una comunicazione coerente: in tutti i canali del web – social, sito aziendale e altro ancora – devono essere presenti e disponibili esperienze, case studies e feedback di clienti. Ottime esperienze con la nostra azienda renderanno quasi spontaneo il passaparola, cui sarà sufficiente un piccolo incoraggiamento per innescarsi in maniera efficace.
Chi coinvolgiamo?
Tutta l’organizzazione. Sebbene vi siano figure che lavorano prevalentemente nella generazione di nuovi contatti (vedi marketing e commerciale), ogni risorsa si muove in un ambito in cui può costruire relazioni di fiducia attraverso il passaparola. Si può partire da LinkedIn che di fatto è un punto di aggregazione virtuale che permette lo scambio di opinioni, consigli e l’opportunità di portare il contatto a diversi livelli. Spostandosi poi su ambiti in cui possiamo condividere il nostro know-how e posizionarci come punto di riferimento per il settore in cui operiamo (cd. knowledge networking).
E infine sarà importante lavorare sul referral networking finalizzato alla generazione di referenze e aumento del business, muovendosi, per esempio, all’interno di associazioni di categoria del proprio settore o mercato di riferimento o associazioni di beneficenza, dove scambiarsi esperienze e trovare nuovi contatti a cui raccontare cosa facciamo e come lo facciamo.
E una volta instaurate nuove relazioni?
Il primo obiettivo tangibile sarà creare 2 categorie di contatti:
– casuali: sporadici e/o provenienti dai social network. Rappresentano una fonte di passaparola e di referenze non continuativa e duratura, ma possono comunque ampliare il messaggio del nostro prodotto/servizio con altre reti.
– rilevanti: fanno parte della nostra rete di amicizie, partner professionali, fornitori o clienti. Sono quelli che permettono un network più immediato e sicuro ma comunque limitato.
Infine si costruisce un database di contatti on-line e off-line, magari sfruttando il CRM aziendale. I contatti rilevanti devono essere passati al marketing e al commerciale per attivare circoli virtuosi di passaparola. Con i contatti casuali si può invece lavorare per cercare di entrare in maggiore relazione e trasformarli in contatti rilevanti.