Strategy maker: la forza delle persone nella pianificazione strategica
Per questo articolo vogliamo partire da un contributo di Thompson relativo ai protagonisti della pianificazione strategica ed estremamente esplicativo per quanto riguarda il tema del ruolo delle persone nel processo di pianificazione.
Supportato da teorie e da recenti studi, Thompson afferma che i manager di medio livello sono nelle condizioni di influenzare la strategia aziendale e che spesso avviano proposte in tale senso.
Questo accade principalmente perché le attività di gestione diventano così travolgenti che imprenditori, CEO o il top management sono costretti a coinvolgere altre persone per un maggiore supporto nelle attività legate alla costruzione della strategia. Ma non è solo questione di necessità.
Osservando attentamente le tendenze organizzative si può notare un progressivo spostamento verso l’adozione di modelli di gestione fortemente basati sul lavoro in team in ottica di competenze a tutto tondo. Gruppi di lavoro, quindi, in grado sia di eseguire le task operative sia di elaborare proprie strategie, tattiche e presidiare altri processi strategici (selezione e on-boarding, formazione, ridefinizione dei ruoli, etc).
Quindi per quanto riguarda la pianificazione strategica, capiamo bene che la domanda da porsi diventa: come l’organizzazione può far tesoro di queste capacità ed “ingegnerizzare” un sistema che permetta di canalizzare le informazioni che i team producono per orientare la pianificazione strategica?
E dato che abbiamo citato Thompson, vale sicuramente la pena riprendere proprio uno dei suoi modelli di pianificazione strategica (Thompson and Strickland) per evidenziare come i team e i loro leader possono diventare degli strategy maker.
Vediamo nel dettaglio i punti che caratterizzano il modello di Thompson:
1. A valle di una chiara vision sviluppata dal top management, la sua comunicazione all’interno dell’organizzazione deve avvenire attraverso il coinvolgimento dei manager. Loro conoscono bene le dinamiche interne ad ogni gruppo, sanno quali leve utilizzare per creare consapevolezza, motivazione e senso di responsabilità.
2. Conversione della vision in strategie e obiettivi di performance specifici. I team eccellenti sono quelli che sanno “scomporre” un obiettivo strategico in tattiche e obiettivi di performance. Sono in grado di definire una via principale per arrivare alla meta, ma si preparano delle opzioni alternative qualora le condizioni cambino in maniera improvvisa. Un esempio su tutti è la ridefinizione delle modalità di relazione con i clienti che i team commerciali hanno elaborato nel periodo di pandemia Covid-19.
3. Attuazione ed esecuzione della strategia scelta in modo efficiente ed efficace. I team ad alte prestazioni sanno quali driver utilizzare per arrivare all’obiettivo. Se è necessario garantire risultati operativi faranno leva su capacità di esecuzione e lavoro in team, se è richiesto di garantire strategie e azioni sostenibili, faranno leva sulla loro motivazione e sulla capacità di adattamento ai cambiamenti. E così via, spostando il focus di volta in volta in base alle necessità.
4. Valutazione delle prestazioni, riesame della situazione e avvio di aggiustamenti correttivi. Ancora una volta, i team efficienti si preoccupano di riflettere sulle azioni svolte, sulla mission, sugli obiettivi, sulla strategia alla luce dell’esperienza fatta, su condizioni mutevoli, nuove idee e opportunità. Ed è qui che il manager opera un’azione di trasferimento con una modalità bottom-up, così da fare arrivare input di valore al top management e chiudere il cerchio.
Da tutto questo, capiamo una cosa fondamentale per quanto riguarda il ruolo dei diversi componenti del team nella pianificazione strategica: tutte le persone in azienda possono diventare strategy maker se correttamente coinvolte nella formulazione della strategia, nella sua esecuzione e nel relativo controllo e valutazione. E più strategy maker significa più competenze in azione per raggiungere un unico obiettivo.